Visualizzazioni totali

lunedì 25 febbraio 2013

L'aumento delle superfici coltivate a OGM nel mondo non è solo gradimento dell'agricoltore


Secondo quanto emerge dal Rapporto del Servizio Internazionale per l'acquisizione delle applicazioni nelle biotecnologie per l'agricoltura (ISAAA) sullo "Status globale della commercializzazione di coltura biotech/OGM", a livello globale nel 2012 sono stati coltivati 170,3 milioni di ettari di colture biotech, con un tasso di crescita medio annuo del 6%, 10,3 milioni in più rispetto ai 160 milioni di ettari del 2011.

Molti associano questo dato al gradimento della coltivazione di queste piante da parte degli agricoltori, sottintendendo, e facendo credere ai meno informati,  che queste piante, se sono preferite a quelle convenzionali, significa che sono decisamente migliori, sia da un punto di vista agronomico, sia da un punto di vista delle performance economiche. 

Purtroppo, tutto questo non è vero, poichè tra le motivazioni che hanno determinato un aumento delle superfici coltivate a OGM nel mondo sono legate quasi esclusivamente alla mancata etichettatura degli alimenti ottenuti da queste coltivazioni. Ci si riferisce sia agli alimenti direttamente utilizzati come cibo quotidiano, sia agli alimenti derivati dall’utilizzazione degli OGM nell’attività zootecnica (carne, latte, uova, ecc.). 

Cosa accade, per esempio, per il mais? Non essendoci etichettatura dei derivati, nessun trasformatore (allevatore) ha interesse alcuno a tener separati i due prodotti e ad adottare "mais non OGM", piuttosto di "mais OGM". Se non c'è etichettatura, sul mercato è presente un unico prezzo del mais, sia esso OGM o "non OGM". Ecco allora spiegata l'esplosione delle superfici coltivate a mais OGM (la stessa cosa vale per soia e per colza)............. molto semplicemente, in presenza di un unico prezzo di mercato per "mais OGM" e "mais non OGM", gli agricoltori tendono a produrre e ad utilizzare quello che ha il minor costo di produzione, ovvero quello OGM (alcuni hanno calcolato un minor costo di produzione agricolo del 5-6%, che, laddove è obbligatoria l'etichettatura, non sarebbe sufficiente a compensare i maggiori costi di separazione di filiera). 

E' forse inutile fare osservare che, molto probabilmente, in relazione alla diffidenza manifestata dai consumatori, se "alimenti diretti" e "alimenti derivati" fossero etichettati, così come avviene nei Paesi della UE, non avremmo assistito a questa ascesa.

L’ISAAA sottolinea inoltre che dei 28 paesi che hanno piantato colture biotech nel 2012, 20 sono in via di sviluppo e 8 sono industrializzati; mentre nel 2011 erano 19 Paesi in via di sviluppo e 10 industrializzati.

I 5 Paesi in via di sviluppo leader nel biotech sono la Cina, l’India, il Brasile, l’Argentina ed il Sud Africa, che coltivano il 46% delle colture biotech globali (78,2 milioni di ettari) ed insieme rappresentano circa il 40% della popolazione mondiale. Da rilevare che l'aumento delle coltivazioni di piante OGM in queste aree del Globo è dovuto soprattutto al fatto che in questi Paesi il brevetto sulle piante non è ammesso, per cui gli agricoltori, soprattutto per la soia, trattengono una parte della produzione dell'annata per poi riseminarla nell'annata successiva (questa pratica, purtroppo, non è attuabile per il "mais ibrido"). Pertanto lo sviluppo degli OGM in questi Paesi è in pratica un obbligo per l'agricoltore, determinato dal fatto che essi hanno queste sementi e non ne hanno di altro tipo. 

Gli Stati Uniti continuano ad essere leader nella produzione di coltivazioni geneticamente modificate, con 69,5 milioni di ettari.

L’India ha coltivato 10.8 milioni di ettari di cotone Bt; mentre la Cina ne ha coltivati 4.0 milioni di ettari.

In Africa, il Sudan si è aggiunto alla lista dei paesi (Sud Africa, Burkina Faso ed Egitto) che hanno adottato colture biotech.

Cinque paesi europei (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) hanno piantato 129.071 ettari di mais geneticamente modificato (di cui il 90% in Spagna), con un aumento del 13% rispetto al 2011. In relazione al fatto che in questi Paesi dell’UE esiste l’obbligo di coesistenza, è auspicabile, al più presto, che si arrivi ad una etichettatura dei “Derivati da OGM” (carne, latte, uova, ecc.), poichè, se così non fosse, si assisterebbe ad una sorta di concorrenza sleale da parte dei Paesi che consentono la coltivazione di OGM, nei confronti di quelli che, invece, preferiscono attendere risposte certe da parte della scienza prima di adottarli.

mercoledì 20 febbraio 2013

Le sementi OGM non sono sterili, ma non si possono riseminare


In un precedente post abbiamo visto che non è vero che le sementi OGM sono sterili. In Argentina, per esempio, dove non è ammesso il brevetto sulle sementi, gli agricoltori conservano una parte della produzione di soia dell'annata, che sarà poi utilizzata per la semina nell’annata successiva. Pertanto, in Argentina la forte diffusione della soia OGM è dovuta anche al fatto che gli agricoltori non pagano alcun diritto brevettuale. 

Il fatto che i semi OGM possano germinare tranquillamente,  non significa, ovviamente, che non ci siano delle limitazioni alla propagazione delle sementi OGM, poiché attraverso il brevetto, laddove esso è riconosciuto, le multinazionali del seme impediscono di fatto l’utilizzazione della semente in una annata successiva. Pertanto, l’agricoltore U.S.A., pur essendo in possesso di una semente che germina normalmente, è costretto ad acquistare tutti gli anni la semente, pena contenziosi giudiziari in cui le ditte che posseggono il brevetto risultano quasi sempre vincitrici.

Negli USA, le ditte sementiere che vendono sementi OGM fanno causa anche a chi usa i semi di soia per la semina del secondo raccolto annuale, il cosiddetto replanting. In particolare, l'agricoltore che riesce ad ottenere un raccolto anticipato, potrebbe seminare per un secondo raccolto annuale gli stessi semi prodotti nel primo raccolto. Nella realtà è costretto a ricomprare il seme e a pagare i relativi diritti brevettuali.

Tutto questo non fa altro che diminuire la libertà dell’agricoltore, che diventa sempre più un “dipendente” della ditta sementiera che possiede il brevetto sulla semente. La ditta sementiera si limiterà a chiedere le royalty sulla semente o potrà fare qualcos’altro?

giovedì 7 febbraio 2013

Le sementi OGM non sono sterili


Tra le tante argomentazioni contrarie all’introduzione degli OGM vi è anche quella relativa al fatto che gli OGM, in relazione ai brevetti posseduti dalle multinazionali del seme, snaturerebbero il ruolo dell’agricoltore,  che da sempre migliora e seleziona le proprie sementi e che, con l’avvento degli OGM, sarebbe obbligato a comprare tutti gli anni la semente.
Purtroppo questa affermazione non è vera, in quanto sia l’operazione di miglioramento genetico convenzionale (non OGM), sia l’operazione di produzione delle sementi convenzionali (siano esse ibride o no) non è quasi più svolta dall’agricoltore.

In termini molto semplicistici, le piante ibride (non OGM) derivano dalla fecondazione incrociata di un padre certo e di una madre certa. L’agricoltore è costretto ad acquistare tutti gli anni la semente ibrida (non OGM), in quanto la semente ottenuta in  seconda generazione non fornisce buoni risultati produttivi. L’agricoltore paga un servizio che gli consente di ottenere una maggiore produttività per ettaro.

Da rilevare poi che di solito la “multinazionale del seme” è  titolare del brevetto anche nel caso di piante convenzionali “Non OGM”, siano esse ibride o no.

Perché l’agricoltore preferisce acquistare tutti gli anni la semente? Per tre ordini di motivi:

-         La semente deve avere una elevata germinabilità  e affinchè sia tale è necessario che la semente sia coltivata, raccolta e conservata in modo adeguato e con tecnologie specifiche;


-         La semente deve essere libera da impurità. Anche in questo caso una produzione specifica per la semina garantisce un risultato superiore a quello che si potrebbe ottenere presso l’azienda agricola;


-         La semente deve essere libera da malattie. Anche in questo caso l’agricoltore preferisce affidarsi alle conoscenze di una impresa specializzata.  


Ci sono agricoltori che utilizzano parte del raccolto dell’annata per la semina nell’annata successiva? La risposta è affermativa. Soprattutto in questi ultimi anni in cui il margine economico per l’agricoltore è “ridotto all’osso”,  ci sono coltivatori che lo fanno. Le coltivazioni che si prestano ad una operazione del genere sono soprattutto soia, frumento (duro e tenero) e riso. Per il mais i coltivatori italiani, tranne qualche sporadico caso di seme vitreo e/o “Maranino”, comprano il seme ibrido (non OGM) ogni anno. 

A conferma del fatto che "non è vero che con gli OGM l'agricoltore è costretto ad acquistare tutti gli anni la semente", si tenga presente che il forte sviluppo della soia RR in Argentina ed in Brasile è dovuto al fatto che questi Paesi non riconoscono il brevetto sulle sementi. Pertanto, tutti gli anni gli agricoltori trattengono una parte del raccolto dell'annata di soia RR per riseminarlo nell'annata successiva. E la soia, pur essendo OGM, germina regolarmente!