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venerdì 20 dicembre 2013

Coltivare OGM nel nostro Paese significa sicuramente un’apertura all’importazione di alimenti da altri Paesi.

Il nostro Paese è un Paese industrializzato e l’agricoltura, come tale, senza l’indotto e senza i "servizi sociali", rappresenta più o meno il 2% del Prodotto Interno Lordo (PIL). Un valore molto basso, che non consente certo al nostro Paese di produrre grandi quantità di derrate agricole da destinare all'esportazione. L'agricoltura nel nostro Paese consente comunque un buon grado di autoapprovvigionamento alimentare, tra l'altro con ottimi prodotti alimentari che ci sono invidiati e copiati in tutto il resto del mondo (agropirateria). 

In questa situazione il nostro Paese è un esportatore di prodotti industriali. In relazione al fatto che nel Commercio Internazionale vige ancora il baratto, che cosa riceviamo in cambio? E’ ovvio che se le esportazioni sono dirette verso altri Paesi industrializzati, la contropartita sarà rappresentata da altri prodotti industriali (la teoria economica del “Vantaggio Comparato” spiega senza ombra di dubbio questo fenomeno). Se, invece, il nostro partner commerciale è un Paese meno avanzato (PMA), con ogni probabilità la contropartita sarà rappresentata da prodotti dell’agricoltura, in quanto, spesso, è l’unica attività presente in questi Paesi. Tali prodotti alimentari di importazione sono simili ai nostri, ma sono caratterizzati spesso da un prezzo decisamente inferiore al nostro prezzo interno, un prezzo che molto spesso non è in grado di coprire il nostro costo di produzione. E' ovvio che l'importazione di questi prodotti metta in crisi la nostra produzione interna, che non è in grado di competere sulla base dei bassi prezzi.

La domanda che sorge spontanea è questa: “è giusto che sul mercato del nostro Paese arrivino come contropartita delle nostre esportazioni industriali dei prodotti alimentari a basso prezzo ottenuti in altri Paesi, che riescono a produrre con tecniche diverse dalle nostre? Tecniche produttive  meno costose delle nostre? Tecniche produttive che spesso da noi non sono consentite? Tecniche produttive che a volte non tutelano il lavoratore? Tecniche produttive che utilizzano fattori della produzione che da noi sono vietati? E si potrebbe continuare ancora.
In questo contesto in cui il nostro Paese esporta prodotti industriali e riceve in cambio prodotti agro-alimentari, gli OGM aumenteranno o diminuiranno la possibilità che il nostro Paese esporti prodotti industriali e importi, come contropartita, prodotti agro-alimentari? Gli OGM aumenteranno o diminuiranno il nostro grado di autoapprovvigionamento alimentare?

In un contesto in cui gli OGM promettono piante autoimmuni da qualsiasi malattia, piante che possono crescere su qualunque terreno, piante resistenti al caldo e al freddo, piante la cui crescita può essere facilmente controllata dai satelliti, piante resistenti all’umidità e alla siccità, ecc. sicuramente gli OGM rappresentano uno strumento per aumentare questa nostra dipendenza dalle importazioni da altri Paesi, in cambio, ovviamente, di prodotti industriali.  E' una dipendenza "casuale" oppure è una dipendenza voluta, al fine di incrementare la produzione industriale a scapito della produzione agricola?

In definitiva, adottare gli OGM, per il nostro Paese significa:

- mettersi in concorrenza con lo stesso prodotto proveniente dalla globalizzazione dei mercati, poiché se anche noi facciamo OGM, è con questi prodotti che dovremo concorrere anche sul mercato interno (concorrenza impossibile). Non coltivare OGM, significa prima di tutto creare un mercato agro-alimentare diverso, che ci mette parzialmente al riparo dalla concorrenza esercitata dai prodotti di importazione;

 aumentare le possibilità di esportare prodotti industriali, accettando come contropartita prodotti agro-alimentari, per lo più OGM;

- aumentare le possibilità di importazione di derrate agro-alimentari, in quanto i nostri costi di produzione sono decisamente superiori ai costi di produzione del mercato globale;

 pericolo di delocalizzazione delle produzioni, poiché prodotti considerati simili, o equivalenti, possono essere ottenuti in qualunque parte del pianeta, non importa con quale tecnica produttiva, non importa con quali tutele ambientali e/o del consumatore, l’importante è che costino poco;

-        dipendere sempre più dalle importazioni agro-alimentari provenienti da altri Paesi;

 mettere in discussione la nostra “Sovranità alimentare”, poiché la presenza sempre più massiccia di prodotti agricoli a basso prezzo provenienti dall’estero, determinerà l’abbandono dell’agricoltura attuata nei territori marginali, che già oggi non sono in grado di competere con i bassi prezzi delle aree maggiormente produttive del nostro Paese;

- la scomparsa dell'agricoltura dai territori marginali, determinerà poi l'aumento delle problematiche legate al presidio del territorio e al dissesto idrogeologico. 


Ancora una volta dobbiamo chiederci: sacrificare l’agricoltura a favore dell’industria è un bene o un male? E’ una domanda importante, che richiede una risposta altrettanto importante, poiché l’agricoltura nel nostro Paese svolge funzioni che vanno al di là della semplice produzione di alimenti sani e di buona qualità. La nostra agricoltura è importante per il paesaggio, per l’assetto del territorio, per la tutela della flora e della fauna, per le attività indotte, ecc. Il nostro Paese potrà rinunciare alle esternalità prodotte dall’agricoltura? Il nostro Paese potrà rinunciare alle nostre produzioni alimentari di qualità? Il nostro Paese potrà rinunciare all’agricoltura? 

Non credo proprio.