Visualizzazioni totali

venerdì 15 novembre 2013

Coesistenza tra piante OGM e piante “non OGM”: a chi spettano i costi di coesistenza?

Il problema è sicuramente attuale…….nel caso di coesistenza tra “piante non OGM”, siano esse convenzionali o biologiche, e “piante OGM”, e soprattutto nel caso in cui uno Stato preveda l'etichettatura degli alimenti derivati, ci sarà sicuramente un generalizzato aumento dei costi di coltivazione per le diverse tipologie produttive (non OGM, OGM e biologico), in relazione alle aree di rispetto, alla pulizia delle attrezzature di lavorazione e di raccolta, ai costi di segregazione, ecc.
Una domanda sorge spontanea: a chi spettano i maggiori costi di coesistenza? Agli agricoltori "non OGM” o agli agricoltori che vogliono introdurre gli OGM sul territorio nazionale? La risposta non è semplice, poiché ognuno di essi dirà che dovranno essere gli altri a sostenere i costi di coesistenza.
  Al fine di rispondere a questa domanda è necessario focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche di ogni diversa forma di agricoltura e sui conseguenti danni che ne possono derivare nel caso di coesistenza.
Per l’agricoltore convenzionale la presenza di polline transgenico che può inquinare la sua produzione non OGM deve essere evitata, ma non costituisce un grande problema, poiché non ha una dotazione particolare di macchine da ammortizzare. L’importante è che questa soglia di inquinamento non superi la soglia dello 0,9%, così come previsto dalla Legge sull’etichettatura, per non avere una riduzione di prezzo. Nel caso in cui, invece, questa soglia superasse lo 0,9% ecco che si presentano una serie di danni per l’agricoltore convenzionale, che sarà costretto a vendere sul mercato del transgenico la sua produzione convenzionale (ha sostenuto i costi del convenzionale, per poi vendere ai prezzi, più bassi, del transgenico).
Diverso è il discorso per l’agricoltore biologico, che ha fatto le siepi intorno alla sua azienda agricola, si è dotato di macchine particolari per effettuare la “falsa semina” e per l’esecuzione dei trattamenti antiparassitari con prodotti naturali, si è dotato di strutture particolari per l’allevamento degli animali biologici, si è dotato di macchine particolari per la trasformazione dei prodotti agricolo/zootecnici, ha sopportato i minori introiti del periodo di conversione, si è sottoposto ai controlli previsti dalla Legge………..tutto questo comporta maggiori costi, con la speranza di poter ottenere maggiori prezzi di vendita, che non otterrà se il suo prodotto sarà anche in parte OGM. Con ogni probabilità il prodotto biologico inquinato da OGM non sarà accettato dalla filiera biologica e dovrà essere venduto sul mercato del convenzionale. Se poi il livello di inquinamento supererà lo 0,9%, anche questo prodotto che doveva essere biologico, dovrà essere venduto sul mercato del transgenico, con indubbi maggiori perdite negli incassi.
Chi guadagnerà da questa situazione? Gli unici che guadagneranno saranno i coltivatori di piante OGM, che vedranno aumentare i costi e le difficoltà produttive di chi fa agricoltura convenzionale e/o biologica e vedranno divenire maggiormente competitive le loro produzioni.

In una situazione come quella delineata, anche al fine di ristabilire una determinata concorrenza di mercato, è necessario che siano gli agricoltori che intendono coltivare OGM a sostenere i costi di coesistenza…….se così non fosse, dopo pochi anni le coltivazioni “non OGM”, convenzionale e biologica, scomparirebbero.