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martedì 9 aprile 2013

Mozione dell’On. Susanna Cenni sugli OGM in ambito agroalimentare



MOZIONE

La Camera

premesso che,

l’agroalimentare è uno dei settori che resiste meglio alla crisi economica in atto e, in particolare,
l’agricoltura italiana registra risultati migliori dell’industria e dell’economia nel complesso sia in
termini di contributo alla crescita economica (Pil) che di occupazione; ancora meglio si posiziona
l’industria alimentare che presenta indicatori in termini di valore aggiunto che sono costantemente
migliori della media dell’industria in generale; l'export si conferma il motore dell'agroalimentare
italiano, con un nuovo record di 32 miliardi di euro di fatturato nel 2012 (+5,4% sul 2011), e un
avvio di 2013 molto promettente (Ismea su dati Istat);

le performance attuali del settore dipendono sia da fattori generali del sistema Paese, che specifici
del settore caratterizzati da un enorme sforzo dei produttori italiani a tutela della qualità e della
tracciabilità della produzione agroalimentare nazionale che si contrappone ad una visione che a
livello internazionale tende a considerare la produzione agricola solo una commodity che, al pari del
petrolio, può determinare ingenti fortune finanziarie; in tale ultimo contesto, l’attività lobbistica
delle multinazionali che vogliono trarre profitto dal transgenico, a prescindere dalle conseguenze
che derivano dalla loro coltivazione e commercializzazione, ha spesso il sopravvento nelle decisioni
in materia di alimentazione ponendo ostacoli alla ricerca indipendente a causa dei brevetti sui semi
detenuti;

ad oggi i nodi da sciogliere connessi al transgenico sono ancora molti: oltre ai rischi per la salute e
l’economia del nostro Paese, che si contraddistingue per i suoi tradizionali prodotti tipici e di
qualità, resta irrisolto il problema dell’impossibilità di coesistenza tra le colture Ogm con quelle
convenzionali, dato che non esistono misure idonee ed efficaci per evitare la contaminazione che
determina un inquinamento dell’ambiente irreversibile;

una vasta parte della comunità scientifica continua ad esprimere forti e rinnovate perplessità e
significative resistenze all’impiego di tecnologie transgeniche in agricoltura richiamando
l’attenzione sull’importanza che sia la comunità dei cittadini a prendere le decisioni di merito
sull’uso di tali tecnologie, in considerazione delle ricadute globali ed incontrollabili su salute e
ambiente che potrebbero derivare da eventuali errori di valutazione;
una eventuale introduzione di colture transgeniche avrebbe inoltre come diretta conseguenza la
messa in discussione di uno dei principali fattori di creazione di valore aggiunto del Paese e, cioè, il
nostro modello agricolo, fondato su produzioni di qualità apprezzate sul mercato interno ma, anche
di più, all’estero che danno vita a quel Made in Italy così apprezzato da essere costantemente
minacciato da imitazioni e falsificazioni;

in realtà la maggioranza dei cittadini italiani ed europei ha già manifestato la propria volontà di non
autorizzare la coltivazione di sementi transgeniche sui propri territori al fine di tutelarne l’integrità
per le future generazioni;

la direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001 costituisce il testo normativo fondamentale, in punto sia
di “immissione in commercio” di OGM, sia di “emissione deliberata” di OGM nell'ambiente e
prevede, per i singoli stati membri, la possibilità di dichiarare l'intero territorio nazionale come
libero da Ogm attraverso l'applicazione del principio di “salvaguardia”;

la direttiva n. 2001/18/CE sull’emissione deliberata di organismi geneticamente modificati è stata
recepita in Italia con il decreto legislativo n. 224/2003. Con tale atto il Ministero dell’Ambiente è
stato indicato quale autorità competente a livello nazionale con il compito di coordinare l’attività
amministrativa e tecnico-scientifica, il rilascio delle autorizzazioni e le comunicazioni istituzionali
con la Commissione Europea, con il supporto della Commissione Interministeriale di Valutazione.
il decreto 224/2003, all’articolo 25 recepisce quanto stabilito dall’articolo 23 della direttiva n.
2001/18/CE, in relazione alla cosiddetta “clausola di salvaguardia” mediante la quale le autorità
nazionali preposte – per l’Italia i Ministeri dell’ambiente, delle politiche agricole e della salute -
possono bloccare l’immissione nel proprio territorio di un prodotto transgenico ritenuto pericoloso.
Con l’attivazione di tale clausola si dà luogo ad una serie di consultazioni fra la Commissione
europea, le autorità nazionali, il produttore, gli organismi che sono intervenuti nella procedura di
valutazione della conformità e tutte le parti interessate. La normativa comunitaria consente
comunque alla Commissione europea di annullare il ricorso alla clausola di salvaguardia in caso di
evidenze scientifiche contrarie;

la Direttiva 2001/18/CE costituisce anche la norma che getta le basi per regolamentare la cosiddetta
coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche. Infatti, con l’articolo 22 è previsto
che gli OGM autorizzati in conformità alla direttiva devono poter circolare liberamente all’interno
dell’Unione Europea, mentre con l’articolo 26 bis (introdotto dal Reg. 1829/2003), si dispone che
«gli Stati membri possono adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di
OGM in altri prodotti». Questa disposizione consente quindi agli stati membri di poter introdurre,
nel proprio ordinamento, norme specifiche per regolare la coesistenza;

con il decreto legge n. 279/2004, convertito con la legge n. 5/2005, erano state previste disposizioni
per assicurare la «coesistenza» tra colture transgeniche, biologiche e convenzionali. La Corte
costituzionale con la sentenza n. 116/2006 ha dichiarato la parziale incostituzionalità del D-L
279/2004 nella parte ritenuta di esclusiva competenza legislativa regionale in materia di agricoltura.
L’intervento della Corte ha causato un vuoto normativo molto dannoso poiché sono stati mantenuti
in vigore sia il principio della libertà di scelta dell’imprenditore sia il principio della coesistenza,
mancando però del tutto le parti operative e tecniche per attuare la coesistenza. Il risultato è che
ogni norma nazionale o regionale che vieta l’utilizzo di colture transgeniche diventa contraria al
principio di coesistenza stabilito a livello europeo;

tale orientamento è stato da ultimo riconfermato nella sentenza della Corte di Giustizia Europea
dell’ottobre 2012 (sul caso di specie Pioneer Hi Bred Italia Srl contro Ministero delle Politiche
agricole alimentari e forestali) con cui la Corte si è pronunciata in via pregiudiziale
sull'interpretazione dell'articolo 26-bis della direttiva 2001/18/CE. Per la Corte uno Stato membro,
ai sensi del citato articolo 26-bis, può disporre restrizioni e divieti geograficamente delimitati, solo
nel caso e per effetto delle misure di coesistenza realmente adottate. Viceversa uno Stato membro
non può, nelle more dell'adozione di misure di coesistenza dirette a evitare la presenza accidentale
di organismi geneticamente modificati in altre colture, vietare in via generale la coltivazione di
prodotti OGM autorizzati ai sensi della normativa dell'Unione e iscritti nel catalogo comune;
fin dal 2010 il Parlamento italiano si è espresso a favore della proposta di regolamento di modifica
della direttiva 2001/18/CE - attualmente in fase di stallo presso le istituzioni europee - che
consentirebbe agli Stati membri di decidere in merito alle coltivazioni OGM sulla base di più ampi
criteri oltre a quelli già previsti di tutela della salute e dell’ambiente; più in generale e in ambito
comunitario, l'Italia ha da sempre sottolineato l'importanza dell'impatto socio-economico derivante
dall’uso del transgenico che deve essere valutato a pieno titolo accanto a quelli già riconosciuti in
merito all’ambiente e alla salute;

al riguardo si evidenzia l’intenzione del commissario europeo alla salute Tonio Borg di rilanciare il
negoziato Ue sugli Ogm rendendo gli stati membri maggiormente autonomi sulle linee guida da
autorizzare a livello nazionale;
anche le Regioni hanno ripetutamente dichiarato la loro ferma opposizione all’introduzione di
colture transgeniche in Italia sottolineando la necessità che il futuro regolamento del Parlamento
europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per
gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di Ogm sul loro territorio sia il più possibile
adeguato a salvaguardare l'agricoltura italiana, la qualità e la specificità dei suoi prodotti;

a tal proposito la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha approvato un ordine del
giorno con cui impegna il “Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nelle more
dell'approvazione della proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE in materia di possibili
divieti alla coltivazione di piante geneticamente modificate, di procedere con l'esercizio della
clausola di salvaguardia ai sensi dell'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio del 12 marzo 2001” (..) e “tenuto conto delle competenze in materia riconosciute
dalla Costituzione impegna il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali a rappresentare
al Ministro dell'ambiente e in occasione delle riunioni in sede comunitaria la posizione unanime
delle Regioni e delle Province autonome di assoluta contrarietà rispetto alla autorizzazione della
coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale;”

il rischio che corre il sistema agroalimentare nazionale, in assenza di una chiara posizione del
Governo con l’adozione della clausola di salvaguardia, potrebbe essere imminente se, come si
apprende da alcune notizie stampa, fosse vero che “nei silos di stoccaggio della Lombardia, del
Veneto, dell’Emilia e del Friuli ci sono 52 mila sacchi di mais transgenico autorizzato dalla UE
MON810, sufficienti a coltivare 32 mila ettari, pronti per le semine di primavera”;

la tutela e la valorizzazione della qualità del nostro sistema agroalimentare è un obiettivo di
rilevanza strategica che trova attuazione attraverso una concreta tutela istituzionale del comparto
primario dall’inquinamento transgenico ed un efficace sistema di tracciabilità, di riconoscibilità e di
etichettatura dei prodotti agroalimentari;

in presenza di rischi concreti per il sistema agricolo nazionale di inquinamento da colture
transgeniche che potrebbe verificarsi a causa di una normativa nazionale e comunitaria
contraddittoria e incompleta lo stesso Ministro delle politiche agricole, lo scorso 28 gennaio, ha
chiesto formalmente al Ministro dell’Ambiente, in qualità di Autorità nazionale in materia, di
“guardare concretamente alla prospettiva di una clausola di salvaguardia per le coltivazioni di Ogm
in Italia”; ad oggi otto nazioni (Francia, Germania, Lussemburgo, Austria, Ungheria, Grecia,
Bulgaria e Polonia) hanno già adottato delle clausole di salvaguardia per vietare le colture di Ogm
autorizzate nei loro territori;

in realtà l’ultimo Rapporto del Servizio Internazionale per l’acquisizione delle applicazioni
biotecnologiche per l’agricoltura (ISAA) sullo Status globale della commercializzazione di colture
biotech/Ogm dello scorso febbraio, ha evidenziato che in Europa sono rimasti solo cinque paesi
(Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare Ogm, con 129.000 ettari di
mais transgenico piantati nel 2012, una percentuale irrisoria della superficie agricola comunitaria
che conferma l’opposizione in Europa alla diffusione del transgenico in agricoltura;
al fine di difendere le produzioni nazionali da possibili contaminazioni da colture geneticamente
modificate e collocarne i prodotti ad un livello di maggiore interesse e competitività nel panorama
economico mondiale;
che in data 29 marzo il Ministro della Salute Balduzzi ha inoltrato alla Direzione  generale Salute e Consumatori della Commissione europea la richiesta di sospensione d'urgenza dell'autorizzazione della messa in coltura in Italia e nel resto d'Europa di sementi di mais Mon810, con allegato il dossier elaborato dal ministro del MIPAF Catania a norma dell'art.34 del regolamento(CE)1829/2003 ;


impegna il Governo:

ad adottare la clausola di salvaguardia, di cui all’articolo 25 del decreto legislativo n. 224 del 2003,
di recepimento della direttiva n. 2001/18/CE, al fine di evitare ogni forma di coltivazione in Italia di
Ogm autorizzati a livello europeo e di tutelare la sicurezza del modello economico e sociale di
sviluppo dell’agroalimentare italiano;

a prevedere, in relazione alla stagione delle semine avviata in gran parte del Paese, l'incremento delle attività di controllo per potenziare, d'intesa con le Regioni, la sorveglianza sui prodotti sementieri in corso di distribuzione ed intervenire in presenza di sementi transgeniche non autorizzate.





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