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giovedì 29 novembre 2012

Mais OGM o Mais non OGM? Il problema delle micotossine nelle aree rifugio


Come è risaputo il mais BT ha promotori costitutivi e non inducibili. Questo fatto determina una forte pressione selettiva  tra gli insetti fitofagi. E’ stato previsto che nel giro di pochi anni questi insetti diverrebbero geneticamente resistenti alla proteina insetticida del BT. Al fine di evitare la creazione di progenie di insetti resistenti, negli USA stanno applicando la tecnica delle “Aree Rifugio”, ovvero aree coltivate a mais convenzionale allo scopo di limitare la pressione selettiva di insetti resistenti.
A cosa servono le “Aree Rifugio”? Sono aree coltivate a mais convenzionale (fino al 50% della superficie coltivata a mais Bt), allo scopo di evitare che soggetti di piralide resistenti alla proteina BT localizzati nel campo di mais BT vadano a fecondare altri soggetti resistenti, sempre localizzati nel campo di mais BT, dando così origine ad una progenie resistente.
Il giochetto è presto spiegato: se noi accanto ad un campo di mais BT mettiamo un campo di mais convenzionale, con ogni probabilità nel campo di mais BT si selezioneranno soggetti resistenti alla tossina BT, mentre nel campo convenzionale ci saranno soggetti non resistenti. L’esclusiva presenza di coltivazioni di mais BT avrebbe determinato una forte presenza di soggetti resistenti, con creazione di progenie di insetti resistenti. Mettendo accanto al campo di mais BT un campo di mais convenzionale, la formazione di progenie di piralide resistente alla tossina BT è notevolmente rallentata, non evitata, in quanto soggetti resistenti provenienti dal campo di mais BT possono fecondarsi con soggetti non resistenti provenienti dal campo di mais convenzionale.
In merito agli effetti del mais BT sul contenuto di micotossine, il problema è il seguente: consapevoli del fatto che le aree rifugio saranno oggetto di “grandi attenzioni” da parte della piralide, cosa ne sarà della granella prodotta in termini di micotossine se non si faranno trattamenti insetticidi specifici? La granella prodotta sarà buttata? Sarà destinata alla produzione di biocombustibili? Ei costi di produzione saliranno?

mercoledì 28 novembre 2012

Perché nel mondo si è avuto un forte aumento delle superfici coltivate a piante OGM?



E’ una domanda molto importante, alla quale occorre dare una risposta il più possibile obiettiva, senza soffermarsi erroneamente sul solo dato statistico. 
E’ vero! Nel corso degli ultimi anni le superfici agricole coltivate ad OGM, in alcuni specifici Paesi, sono aumentate enormemente. 
I sostenitori degli OGM spesso utilizzano questo dato per indicare alla gente comune che queste piante hanno caratteristiche di pregio e che sono decisamente apprezzate dagli agricoltori, con particolare riferimento alle caratteristiche di redditività. In particolare, essi affermano: “Se a livello mondiale gli agricoltori preferiscono le piante OGM a quelle convenzionali, significa che esse fanno guadagnare di più!”
Purtroppo, però, se si va alla base delle motivazioni che hanno portato a questa situazione, si scopre che "non è vero gradimento", ma obbligo di mercato, in relazione al fatto che in questi Paesi non c’è separazione di filiera e, quindi, non c’è etichettatura di mercato, che possa determinare una scelta consapevole, sia per il produttore, sia per il consumatore! A differenza di quello che accade nei Paesi dell’UE, in questi Paesi il mais è mais, che sia OGM o meno e, pertanto esiste un unico prezzo del mais, che sia OGM o "non OGM"!

Se non c’è etichettatura ed esiste un unico prezzo di mercato  del mais sia esso convenzionale o OGM, e visto che il mais OGM ha un costo di produzione leggermente inferiore, è logico che gli agricoltori di questi Paesi preferiscano coltivare quello OGM! Che essi producano mais OGM o "non OGM", il prezzo di vendita della produzione ottenuta è sempre lo stesso. 

Ecco allora spiegata l’esplosione delle superfici: “Rispetto al mais "non OGM", quello OGM ha un minor costo di produzione e spunta lo stesso prezzo di mercato ed è ovvio che sia preferito, e massicciamente utilizzato, dagli agricoltori dei Paesi dove non c'è etichettatura di filiera. Se non lo facessero sarebbero degli sprovveduti e dopo pochi anni i loro utili diminuirebbero, in relazione al fatto che la presenza di mais OGM determina un abbassamento dei prezzi e una diminuzione dei profitti per coloro che coltivano mais "non OGM"!

Diversa è la situazione nel nostro Paese, dove, essendoci separazione di filiera, il prezzo di mercato del mais OGM e della soia OGM (proveniente per la totalità dall’estero ed utilizzato per l’alimentazione animale) è leggermente inferiore a quello del mais e della soia di produzione nazionale.  

A conferma di queste considerazioni è possibile osservare il bollettino prezzi della Borsa Merci di Bologna.


Guardate il listino della “Farina di Estrazione di soia”,  dove i prezzi sono differenziati per prodotto “OGM” e “non OGM”, vi accorgerete che gli operatori di mercato del nostro Paese apprezzano in modo diverso prodotto “OGM” e prodotto “Non OGM” (20-25% in più per il prodotto "non OGM").

Tra le altre motivazioni che hanno determinato un forte incremento delle superfici coltivate a piante transgeniche nel mondo è anche quella relativa al mancato riconoscimento della tutela brevettuale in alcuni importanti Paesi produttori, come per esempio  Argentina e Brasile. In questi Paesi il brevetto sulle piante coltivate non esiste e non è tutelato dalla Legge, per cui gli agricoltori utilizzano per la semina una parte della soia RR prodotta nell'annata precedente senza perdita di produttività, poichè 
la soia non è un ibrido e può essere riseminata tutti gli anni,  e, soprattutto, senza pagare i diritti brevettuali. E' ovvio che in questa situazione gli agricoltori adottino massicciamente soia OGM, poiché in questi Paesi non c’è separazione di filiera e non hanno alcun costo aggiuntivo (royalty) rispetto alla soia convenzionale. 

Ma secondo le ultime notizie la “pacchia” per gli agricoltori argentini durerà ancora poco:



In conclusione, è vero che a livello mondiale si è avuta una esplosione delle superfici coltivate a piante OGM, ma è altrettanto vero che questa esplosione non può essere attribuita esclusivamente alle “ottime” caratteristiche agronomiche di queste piante.  In pratica, gli agricoltori sono stati "obbligati dal mercato" ad adottare queste piante.

Senza separazione di filiera, ovvero nascondendo le reali caratteristiche del prodotto, è ovvio che il produttore agricolo preferisca le piante OGM a  quelle "non OGM"..........hanno un costo di produzione leggermente inferiore e spuntano lo stesso prezzo di mercato.

Ben diversa sarebbe la situazione nel nostro Paese, anche nel caso in cui decidesse di coltivare OGM, poichè la presenza di etichettatura consentirebbe al consumatore di attuare una scelta consapevole. Visto che i 3/4 dei consumatori gli OGM non li vogliono, gli agricoltori, con ogni probabilità, adotterebbero solo in parte piante OGM. 
Occorre, infine, rilevare che, purtroppo, anche nel nostro Paese la possibilità di scelta da parte del consumatore è "mascherata", non è completamente consapevole, poichè non è prevista l'etichettatura dei derivati da mangimi OGM (carne, latte, uova, ecc.).........cosa a mio parere gravissima. In questa situazione, siamo costretti a mangiarci OGM inconsapevolmente, poichè mangiamo OGM attraverso i prodotti da loro derivati (carne, latte, uova, ecc.) senza saperlo! 

martedì 27 novembre 2012

OGM: è utile continuare a fare ricerca scientifica



La notizia di questi giorni è che il solito sondaggio fatto da persone disinteressate (FUTURAGRA) ha messo in luce che il 55% degli italiani ritiene che sia utile continuare a fare ricerca scientifica sugli Ogm. Questo, ovviamente, non significa che gli altri sondaggi fatti dai “No OGM” siano il Vangelo!

Mi chiedo, ma è una domanda da fare? Chi è contrario alla ricerca? Chi è contrario allo sviluppo? Chi è contrario all’innovazione? Sempre che questa ricerca sia sinonimo di sviluppo e di innovazione.

Credo che nessuna persona di buon senso possa essere contrario alla ricerca. Ma la ricerca, però, deve essere fatta come si deve! Per esempio non si può pensare di fare una ricerca sulle sementi OGM in “Pieno Campo”, senza pensare alle conseguenze che questa ricerca potrebbe avere per noi e per le generazioni future. In particolare, quando parliamo di piante OGM non stiamo parlando di un prodotto chimico che, una volta appurata la sua pericolosità, può essere ritirato dal mercato. Gli OGM sono vitali, non hanno bisogno dell’uomo per replicarsi. Soprattutto nel caso di piante OGM che hanno parentali selvatiche con le quali scambiarsi patrimonio genetico, una volta immesse nell’ambiente sarà molto difficile eliminarle, poiché gli incroci ottenuti tra piante OGM e le loro parentali selvatiche si riproducono autonomamente. E quando scopriremo, se lo scopriremo, che queste piante sono dannose a noi e alle generazioni future. Cosa potremo fare per eliminarle? La risposta è: Nulla….Niente, poiché queste piante sono nell’ambiente e ci rimangono.

 Allora il problema è: Sperimentazione in pieno campo SI’, flusso genico NO!

Sarà possibile fare sperimentazione in pieno campo di sementi OGM senza originare “flusso genico”? Quali accorgimenti dovremo mettere in atto? Non sarà sicuramente sufficiente recintare il campo sperimentale con una rete metallica, ma occorrerà mettere in atto strategie volte a contenere la diffusione del polline (castrazione, maschiosterilità, transgeni nei cloroplasti, ecc.).   E poi….Buona Sperimentazione a Tutti!

sabato 24 novembre 2012

Flusso Genico e Inquinamento Genetico, possiamo fare qualcosa? Per esempio mettere il transgene nei cloroplasti


Tra le principali problematiche introdotte dalla coltivazione in pieno campo degli OGM, quella del “Flusso genico”, e del conseguente “Inquinamento Genetico”, è sicuramente una delle più importanti. Si parla, infatti, di regole di coesistenza tra coltivazioni convenzionali e coltivazioni OGM proprio in relazione al fatto che le coltivazioni convenzionali possono essere "inquinate" dal polline proveniente dalle coltivazioni OGM.  
In particolare, si parla di “Flusso genico” quando si ha migrazione di transgeni dalla pianta OGM all’ambiente limitrofo, sia per dispersione di seme, sia per diffusione di polline che può fecondare altre piante parentali coltivate e/o selvatiche.
Il prof. Scarascia Mugnozza, noto sostenitore degli OGM in campo agricolo, in un suo scritto ci aveva avvertito di questa eventualità e ci aveva anche dato dei consigli.
Nel precedente scritto egli ci indica le principali problematiche del “Flusso Genico”:
“Il “Flusso Genico” potrebbe modificare le riserve di biodiversità vegetale e animale. La biodiversità può, infatti, essere compromessa da cause diverse:
(a) per dispersione nel terreno di semi da piante GM competitive con le coltivazioni e la flora circostante;
(b) per impollinazione con polline GM e fecondazione di piante non GM della stessa specie o di specie coltivate interfeconde, con conseguente formazione di nuove piante transgeniche che si diffondono a spese delle varietà e degli ecotipi locali;
(c) per impollinazione con polline transgenico delle specie selvatiche affini e produzione, ancorché rara, di progenie fertili e, quindi, di nuovi ibridi interspecifici più competitivi e invasivi, in quanto dotati di vantaggio selettivo per aver acquisito, per esempio, resistenza a erbicidi ovvero a stress biotici e abiotici.
Il pericolo non sussiste quando specie selvatiche affini alle piante GM non sono presenti nell’ecosistema (come, per es., nel caso di mais e soia non esistendo in Europa specie selvatiche affini).
Varie sono le soluzioni al problema:
-         evitare la contemporanea fioritura delle piante GM e non GM e delle specie affini;
-         mantenere distanze di sicurezza tra piante GM e non GM;
-         inserire il transgene non nel genoma del nucleo, ma in quello del cloroplasto, dato che la maggior parte delle piante trasmette i cloroplasti per via materna.”
Pertanto la strada da intraprendere per avere piante OGM che non diano origine a “Flusso Genico” e che, quindi, non presentino problematiche di coesistenza, sembra proprio essere quella di inserire il transgene nei cloroplasti (ovvero le parti verdi della pianta). Inserendo il transgene nei cloroplasti esso non verrebbe a trovarsi nel polline e, pertanto, non originerebbe “Flusso Genico”.
Questa tecnica di trasformazione, che potremmo definire soft, è stata indicata anche dal prof. Francesco Sala, anch'egli noto sostenitore degli OGM in campo agricolo:
“Ma vi sono strategie per evitare la diffusione del gene esogeno attraverso il polline. Si può infatti scegliere tra: (a) integrazione del gene esogeno nel DNA del cloroplasto e non in quello nucleare. Infatti, la maggior parte delle piante coltivate trasmette alla progenie i cloroplasti esclusivamente per via materna, quindi il polline non sarà ogm”


Anche il prof. Francesco Salamini, noto genetista e sostenitore degli OGM, auspica piante OGM con il transgene nei cloroplasti:
“Lo sviluppo, pure recente, di procedure che permettono di trasformare il cloroplasto prefigura la produzione di varietà OGM incapaci di trasmettere, con il polline, il transgene che ospitano, contribuendo così a ridurre i problemi legati alla diffusione di geni ingegnerizzati dall’uomo nei biotopi limitrofi ai campi coltivati.”


Cosa dire: "Peccato che gli attuali OGM abbiano tutti il transgene inserito nel nucleo."

venerdì 23 novembre 2012

Bruno Tabacci e gli OGM in agricoltura



Di seguito la risposta ad una domanda formulata da un gruppo di giornalisti, blogger, ricercatori e cittadini: Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?

“Due premesse di riferimento: 

-    il ruolo dell'agricoltura italiana vedrà sempre più pronunciate le tendenze in atto verso prodotti di qualità, di fascia alta che valorizzino specificità organolettiche e culturali; questo segmento di mercato non costituisce occasione di elezione per l'utilizzo nell'agroalimentare di OGM, in quanto l'Italia non è il paese di riferimento per produzioni di massa di derrate "commodity"

-    l'etichettatura che informa il consumatore è uno strumento di trasparenza che, insieme a campagne informative rivolte alla pubblica opinione, deve essere promosso sistematicamente e quindi anche in questo caso.

Alla comunità scientifica e agli Organismi di tutela (per esempio l'Istituto Superiore di Sanità in collegamento con il CNR e il CNRA) spetta la fissazione dei criteri che devono presidiare l'eventuale sperimentazione anche in Italia di OGM in pieno campo allo scopo di evitare effetti indesiderati di qualunque tipo. Anche in questo caso normative dovranno essere dinamicamente assunte a livello UE, ma con un nostro apporto meditato e qualificato, anche con il coinvolgimento dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) che ha sede a Parma.”


A mio parere risposta sostanzialmente corretta. Ma per favore Tabacci lasciamo stare l’EFSA.

Matteo Renzi e gli OGM in agricoltura



Di seguito la risposta ad una domanda formulata da un gruppo di giornalisti, blogger, ricercatori e cittadini: Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?
“Se è vero che molti dei prodotti agricoli che finiscono nelle nostre tavole sono varietà figlie di incroci e selezioni avvenute nei secoli, e che la ricerca in campo agroalimentare è comunque un fattore positivo e una strada da perseguire, altra cosa è aprire l'Italia a produzioni transgeniche che non hanno nulla a che fare con la qualità e la forza economica dei nostri prodotti agricoli. Il futuro dell'agricoltura italiana non credo possa essere legato agli Ogm. 

I nostri agricoltori sono da guinnes, con i 239 prodotti tipici italiani, il più alto numero europeo di produzioni di qualità e prodotti riconosciuti tra Dop, Igt e Stg, un fatturato al consumo di quasi 10 miliardi di euro e oltre un milione di ettari oggi condotti con metodo biologico. Un settore che è cresciuto e sta crescendo soprattutto con i giovani agricoltori nel segno della qualità e del presidio ambientale e garantisce parte dell'attrattività del Made in Italy nel mondo. Va scelta quindi la via dell'eccellenza, della salvaguardia delle nostre eccellenze agroalimentari e della sicurezza alimentare. Credo che occorra studiare bene tutti gli effetti dell'utilizzo in agricoltura di organismi geneticamente modificati e dell'impiego nell'allevamento animale di mangimi Ogm e gli effetti sulla salute pubblica.

Se è giusto, insomma, che la ricerca esplori più campi rispetto a quelli messi in pratica, si tratta di evitare quello che tutte le nostre associazioni agricole temono e cioè il Far West italiano, che qualcuno possa seminare campi di mais Ogm in grado di contaminare i territori circostanti con i pollini Ogm. Il nostro Paese finora ha avuto un comportamento esemplare su tutta la partita Ogm, mettendo sempre al centro il principio di precauzione e la necessità di non mettere a repentaglio l'immagine e la sostanza del nostro made in Italy. Infine, piena trasparenza per cittadini consumatori è la nostra scelta di fondo peretichettatura e corretta informazione rispetto a ciò che viene messo in vendita.”
A mio parere la risposta migliore dei 5 candidati……..ha parlato di prodotti tipici, ha parlato dei giovani in agricoltura, ha parlato di biologico (l’unico dei 5)……………niente da dire.
Non ha risposto sulla questione relativa all’etichettatura dei derivati da OGM……….una problematica seria, poiché da un lato occorre tutelare il consumatore, dall’altro occorre tutelare gli allevatori, che al momento utilizzano nella gran parte dei casi mangimi OGM……peccato. Per un approfondimento consiglierei di leggere: http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/11/anche-i-derivati-da-ogm-carne-latte.html

Laura Puppato e gli OGM in agricoltura



Di seguito la risposta ad una domanda formulata da un gruppo di giornalisti, blogger, ricercatori e cittadini: Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?
“L'Italia è e deve restare "OGM free". Oggi come oggi la scienza non è in grado di affermare con ragionevole certezza né la pericolosità né la sicurezza degli alimenti prodotti utilizzando OGM, sia che si tratti di alimentazione umana sia che siano introdotti nella catena alimentare attraverso l'alimentazione animale. Ecco perché preferisco attenermi a un saggio principio di precauzione in materia, peraltro suffragato da più di un intervento delle autorità internazionali a tutela della salute.
Quanto alla sperimentazione in pieno campo, pubblica o privata che sia, ritengo che presenti numerosi profili problematici. A differenza di altri paesi l'Italia ha proprietà agricole estremamente frammentate e spesso di piccole dimensioni, che rendono difficile garantire i proprietari limitrofi dal rischio di contaminazione, anche applicando le più attente misure di garanzia. Ma soprattutto la mia contrarietà agli OGM nasce da un'analisi scevra di pregiudizi del mercato e del ruolo che l'Italia può giocare nel contesto internazionale. Siamo il primo paese al mondo per numero di prodotti di qualità e vantiamo un patrimonio enogastronomico che, se fosse adeguatamente protetto dalla concorrenza sleale che subiamo, basterebbe da solo a garantirci la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro. Non vedo perché l'Italia debba inseguire altri paesi, ben più ampi e più vocati alle coltivazioni intensive, sulla strada della quantità. Il nostro impegno deve invece essere quello di tutelare le produzioni di qualità, investire sull'agricoltura biologica, valorizzare le risorse agro-ambientali come straordinario motore di sviluppo. Gli OGM, da questo punto di vista, non ci possono aiutare in alcun modo.

Quanto all'etichettatura, credo che il principio da tutelare in maniera sempre più chiara sia quello della corretta informazione del consumatore. Ciascuno sarà poi libero di scegliere se acquistare prodotti OGM o no, basta che sia in grado di farlo con diciture esplicite sulle materie prime utilizzate, la loro provenienza, i processi subiti. Non possiamo pretendere che al supermercato le persone abbiano il tempo e la competenza necessarie a districarsi tra codici e richiami alla normativa vigente, magari scritti in caratteri minuscoli. Le etichette devono "parlare", e farlo in maniera chiara.”

A mio parere risposta estremamente corretta, in quanto mette in risalto le difficoltà che l’agricoltura del nostro Paese potrebbe avere nel caso in cui si decidesse di competere con gli stessi prodotti (gli OGM) la globalizzazione dei mercati. Per un approfondimento consiglierei di leggere:

La Puppato non ha risposto alla domanda sull’etichettatura dei derivati da OGM (latte, uova, carne, ecc.). Ha parlato in termini generali di etichettatura degli OGM, già ora prevista dalla legislazione europea. Per un approfondimento consiglierei di leggere:
http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/11/anche-i-derivati-da-ogm-carne-latte.html

Pierluigi Bersani e gli OGM in agricoltura



Di seguito la risposta ad una domanda formulata da un gruppo di giornalisti, blogger, ricercatori e cittadini: Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?
In questo campo……..va distinta la libertà della ricerca dalla valorizzazione al servizio dell'uomo dei suoi straordinari risultati. Va quindi fatta una distinzione forte tra ricerca sugli OGM, inclusa la sperimentazione in campo per la quale occorre avere una posizione di apertura, e coltivazione a fini commerciali. Il nostro Paese, purtroppo, investe poco in ricerca e questo rischia di portarci ad una situazione di "sudditanza culturale" nei confronti dei Paesi che, invece, hanno avuto la lungimiranza di investire in ricerca. Questo vale anche e, direi soprattutto, per la ricerca sugli OGM: ragioni puramente ideologiche, non scientifiche o politiche, hanno emarginato la ricerca sugli OGM nel nostro Paese, erodendo il patrimonio di conoscenze su questo tema cosi importante per l'alimentazione e la salute dei cittadini. Occorre rilanciare la ricerca sulla genetica delle piante, e quindi sugli OGM, con la finalità di mantenere un'adeguata leadership intellettuale su questo tema, così complesso ed articolato. Non farlo significherebbe perdere la capacità di valutazione su tecnologie che verranno sicuramente sviluppate in altri Paesi e che si affacceranno sui nostri mercati: occorre conoscere per poter valutare e decidere e non possiamo impedire ai nostri ricercatori di mantenere e conservare il proprio patrimonio di conoscenze sugli OGM e le loro possibili applicazioni in agricoltura. Diverso è il tema delle strategie produttive e commerciali dell'agricoltura italiana che devono proiettarsi verso una distintività che il consumatore possa condividere ed apprezzare. 

Quanto all'etichettatura, essa è già prevista in Italia e in Europa per moltissimi prodotti IGP (indicazione geografica protetta) e DOP (denominazione di origine protetta) che garantiscono di non utilizzare bestiame nutrito con mangimi OGM. Ma, ad esempio, non è attualmente presente per formaggi generici, che possono quindi essere fatte con latte prodotto da mucche alimentate con OGM senza che il consumatore lo sappia. Imporre a tutti l'etichettatura non sembrerebbe irragionevole e non danneggerebbe comunque i nostri prodotti tipici e ci sembra la strada giusta da seguire per aumentare il rapporto di fiducia tra il mondo della produzione alimentare e i consumatori, sempre più giustamente sensibili ed esigenti nei confronti di questo aspetto cruciale della loro vita quotidiana.


A mio parere risposta sostanzialmente corretta per quanto attiene alle problematiche relative alla ricerca e all’applicazione produttiva e commerciale degli OGM. In sintesi “sì alla ricerca, cautela nell’applicazione della ricerca in sede produttiva agricola e commerciale. Per un approfondimento consiglierei di leggere: http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/09/ogm-e-agricoltore.html
Se devo essere sincero non mi è piaciuto il seguente passaggio: “ragioni puramente ideologiche, non scientifiche o politiche, hanno emarginato la ricerca sugli OGM”. Vorrei far notare all’On. Bersani che questa affermazione non è vera, in quanto la ricerca sugli OGM non è stata bloccata, ma è stata bloccata (parzialmente) la sperimentazione in pieno campo delle piante OGM, in relazione al fatto che non sono attuabili misure efficienti di contrasto alla diffusione del polline transgenico. Come è risaputo il polline transgenico delle piante in sperimentazione può fecondare piante parentali selvatiche e diffondere autonomamente il transgene nell’ambiente. E questa è una eventualità che occorre evitare in tutti i modi (la rete metallica non è sufficiente). Per un approfondimento consiglierei di leggere: http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/10/i-rischi-legati-alla-diffusione-degli.html
Sul problema dell’etichettatura dei derivati da OGM, purtroppo, l’On. Bersani non ha fatto una gran bella figura. In particolare, ha affermato: “Quanto all'etichettatura, essa è già prevista in Italia e in Europa per moltissimi prodotti IGP (indicazione geografica protetta) e DOP (denominazione di origine protetta) che garantiscono di non utilizzare bestiame nutrito con mangimi OGM.”  Purtroppo, il fatto che alcune DOP o IGP prevedano nel loro disciplinare l’esclusione dei mangimi OGM per l’alimentazione animale, non significa che non li possano utilizzare. Purtroppo è vero il contrario, i derivati da OGM, e non solo i formaggi generici, al momento attuale non sono per la gran parte etichettati e questo crea una sorta di concorrenza sleale tra allevatori “OGM” e allevatori “OGM Free”. Per un approfondimento consiglierei di leggere: http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/11/anche-i-derivati-da-ogm-carne-latte.html
Sinteticamente, e a mio giudizio, Bersani è il candidato maggiormente possibilista nei confronti degli OGM in agricoltura.

Nichi Vendola e gli OGM in agricoltura



Di seguito la risposta ad una domanda formulata da un gruppo di giornalisti, blogger, ricercatori e cittadini: Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?

“L'agricoltura fortemente orientata alla qualità e alla distintività territoriale è strategica per il futuro del Paese.
Gli Ogm non solo non servono alla nostra agricoltura, ma comporterebbero un danno per un’agricoltura che può competere solo sul piano della qualità, della tipicità, della diversità e non certo sulla quantità.
La sperimentazione può avvenire solo in ambienti chiusi e controllati, cioè in laboratorio e non in campo aperto. La contaminazione, infatti, non è una possibilità ma, come scientificamente dimostrato, è una certezza. Bisogna sostenere ed incrementare la ricerca pubblica in agricoltura, una ricerca orientata alla qualità, al miglioramento della produzione biologica e alla salvaguardia della biodiversità delle specie agricole. Purtroppo oggi non è obbligatorio indicare nelle etichette di latte, carni e formaggi se provengono da animali nutriti con mangimi ogm.

L'Europa resiste, come anche in generale sull'obbligo dell'etichettatura d'origine. L'Italia deve continuare nella UE questa battaglia per la trasparenza e per la tutela dei consumatori e degli agricoltori, ma può comunque, come accaduto con l'etichettatura d'origine, fare una legge nazionale e promuovere le etichettature volontarie a livello regionale e per i marchi a denominazione, per dar vita a filiere Ogm free.”

A mio parere risposta sostanzialmente corretta, formulata da una persona che conosce molto bene il problema. In particolare, sottolineerei i seguenti punti:
-       L'agricoltura fortemente orientata alla qualità e alla distintività territoriale è strategica per il futuro del Paese. Gli Ogm non solo non servono alla nostra agricoltura, ma comporterebbero un danno per un’agricoltura che può competere solo sul piano della qualità, della tipicità, della diversità e non certo sulla quantità. Per un approfondimento consiglierei di leggere: http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/09/ogm-e-agricoltore.html

-       La sperimentazione può avvenire solo in ambienti chiusi e controllati, cioè in laboratorio e non in campo aperto. La contaminazione, infatti, non è una possibilità ma, come scientificamente dimostrato, è una certezza. Per un approfondimento consiglierei di leggere: http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/10/i-rischi-legati-alla-diffusione-degli.html

-       Bisogna sostenere ed incrementare la ricerca pubblica in agricoltura, una ricerca orientata alla qualità, al miglioramento della produzione biologica e alla salvaguardia della biodiversità delle specie agricole. Per un approfondimento consiglierei di leggere: http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/10/ricerca-in-tema-di-ogm-un-punto-di.html

Purtroppo oggi non è obbligatorio indicare nelle etichette di latte, carni e formaggi se provengono da animali nutriti con mangimi ogm. La risposta è evasiva, in quanto indica la situazione esistente e non prende impegni in merito all’etichettatura dei derivati da OGM (latte, carne, uova, ecc.). Capisco che si tratta di una azione molto impegnativa, poiché gran parte dei nostri allevatori utilizza per l’alimentazione degli animali mangimi provenienti dall’estero che per la gran parte sono OGM. Per un approfondimento consiglierei di leggere: http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/11/anche-i-derivati-da-ogm-carne-latte.html

venerdì 16 novembre 2012

AFLATOSSINE NELL’UE E NEGLI STATI UNITI. LA DIMOSTRAZIONE CHE GLI OGM NON SONO SUFFICIENTI A RISOLVERE IL PROBLEMA

Nell’Unione Europea i limiti massimi di aflatossine sono quelli stabiliti dal Reg. Ce 165/2010, che prevede per il mais valori differenti a seconda della destinazione. In particolare, per l’alimentazione umana è consentita la presenza di 5 ppb - parti per miliardo - per l’aflatossina B1 e 10 ppb per le B1+B2+G1+G2, mentre per l’alimentazione animale è consentita la presenza di 20 ppb per la B1. 

Nel latte crudo, nel latte trattato termicamente e nel latte destinato alla fabbricazione di prodotti a base di latte, il tenore massimo è di 0,05 ppb di aflatossina M1.

Diversa è la legislazione americana, in particolare per le aflatossine nei prodotti destinati all’alimentazione animale. La normativa Usa, infatti, distingue i limiti massimi a seconda della specie e del periodo di vita dell’animale e varia notevolmente, passando dal valore minimo di 20 ppb nei prodotti a base di mais per mangimi destinati alle vacche da latte (stesso limite massimo ammesso nei Paesi che fanno parte dell'UE), fino ad un massimo di 300 ppb per quelli destinati ai bovini in finissaggio (15 volte superiore a quello massimo ammesso nei Paesi dell'UE).

Negli U.S.A. può accadere poi che in particolari annate, a causa di eventi climatici sfavorevoli, i limiti possano anche essere ritoccati:




Nel nostro Paese i Limiti Massimi Tollerabili di aflatossine in prodotti destinati all’alimentazione  umana (espressi in µg/Kg ) sono riportati nella Direttiva 2006/1881/CE e sono pari, come si è detto, a 0,05 ppb per l’aflatossina M1 nel latte crudo e in quello termicamente trattato. Al limite massimo comunitario si sono adeguati anche alcuni Paesi asiatici, africani e dell’America Latina.  

In netto contrasto con quanto prescritto nei Paesi dell’UE, sono gli U.S.A., alcuni Paesi dell’Europa orientale e diversi Paesi asiatici, che hanno adottato un limite 10 volte superiore, ovvero 0.50 ppb, limite  adottato anche dal Codex Alimentarius nel 2001. 

Si può concludere che il valore massimo consentito  per l’aflatossina M1 nel latte adottato dall’UE è tra i più bassi al mondo e che questo limite è ottenuto senza la coltivazione di mais OGM. Pertanto, l'utilizzazione di mais Bt, da sola, non è sufficiente a garantire un basso contenuto di aflatossine nei mangimi. Se così fosse negli USA non sarebbe ammesso  un limite così elevato.

Senza entrare nel dibattito sulla possibilità o opportunità di richiedere o meno una modifica nella normativa europea sui tenori massimi di aflatossine nel mais, va precisato che questa procedura è lunga e complessa, anche perché richiede che siano prodotte nuove informazioni scientifiche, che devono essere valutate dall’Efsa (l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare) e dal Comitato permanente della catena alimentare della salute animale.


giovedì 8 novembre 2012

California: esito del Referendum per l’etichettatura degli OGM


L’esito del Referendum, tenutosi il 6 novembre in California, volto all’introduzione dell’etichettatura degli alimenti OGM è risultato negativo. Il 53,1% dei votanti ha respinto la Proposta 37  contro il 46.9% a favore.
L’approvazione della proposta sembrava sicura, in considerazione del risultato dei sondaggi che hanno preceduto il referendum.

E’ ovvio che tale esito lascia a dir poco perplessi, in quanto la proposta 37, nel prevedere l’etichettatura dei prodotti OGM, consentiva un’informativa più trasparente, nel rispetto del diritto dei consumatori e dei loro figli di sapere cosa contiene il cibo che consumano.La proposta avrebbe implicato una radicale trasformazione degli attuali sistemi produttivi perché, benché confinata ad un solo Stato, costituisce in realtà parte di un programma di cambiamento più generale che mette in discussione il predominio delle multinazionali su tutta la produzione agro-alimentare. Per questo motivo le più importanti aziende del settore alimentare e biotech, quali Monsanto, DuPont, Dow Chemical, Pepsico, Kellog, Mars, Kraft e Coca Cola, hanno investito 46 milioni dollari (circa un milione al giorno) in una campagna pubblicitaria, chiamata "No on 37", condotta massicciamente su stampa e televisione, e tesa a convincere i californiani che l’etichettatura degli OGM avrebbe comportato un incremento dei prezzi e confuso le idee ai consumatori. Contro la “Proposta 37” si è schierata anche l’Associazione Americana per l’Avanzamento della Scienza (AAAS), secondo la quale gli sforzi per etichettare gli OGM non sono motivati dal fatto che essi siano realmente rischiosi, e che la scienza, invece, li ritiene sicuri. 
Nonostante la sconfitta, gli attivisti del “ food movement” hanno annunciato di aver già iniziato la raccolta delle firme necessarie per presentare analoghe iniziative in diversi Stati, a partire da quelli di Washington, Maine, Oregon, e New Mexico. 

A mio parere, però, assisteremo nei prossimi anni ad un intensificarsi delle informazioni in merito al contenuto o meno di OGM negli alimenti che gli americani consumano, poichè di quel 47% le industrie alimentari e la distribuzione dovranno per forza tenerne conto.

Adesso si scatenerà anche il pandemonio nei Paesi dell’Unione Europea, in quanto l’esito del Referendum determinerà una marea di prese di posizione a favore degli OGM.


Per maggiori informazioni:

mercoledì 7 novembre 2012

Il pomodoro OGM contro l’arteriosclerosi pone altre problematiche per la nostra alimentazione


E’ recente la notizia che “un’equipe di studiosi della California University è stata in grado di sperimentare per la prima volta gli effetti benefici sulla salute cardiovascolare di pomodori  geneticamente modificati e in grado di abbattere il colesterolo  “cattivo”, LDL”.
Si tratta sicuramente di una notizia e di una scoperta molto importante, poiché i processi arteriosclerotici sono alla base di numerose malattie e sconfiggerli sarebbe un successo per noi tutti. Questo pomodoro pone però altri interrogativi, che vanno ad arricchire e ad ampliare le problematiche legate alla produzione ed alla utilizzazione di alimenti OGM. In particolare:
-      Ci troviamo di fronte allo stesso identico alimento, oppure le altre caratteristiche sono modificate. Per esempio è stato creato un pomodoro OGM arricchito di Vit. A ma si è scoperto che ha un minor contenuto di licopene. Si legge testualmente nella notifica presentata al Ministero dell’Ambiente per l’approvazione: “Tale modifica comporta a livello fenotipico una variazione evidente del colore del frutto di pomodoro che da rosso diventa arancione ed una modifica nella composizione dei carotenoidi presenti nel frutto, in quanto tutto il licopene è convertito in beta-carotene.” Lo stesso Mais BT rispetto a quello convenzionale ha un maggior contenuto di lignina;

-       Potremo utilizzare questo pomodoro con le stesse modalità dell’alimento convenzionale?

-      Otterremo da questo pomodoro gli stessi altri apporti nutrizionali?

-      Questo pomodoro, grazie alle sue proprietà,  potrebbe determinare una diminuzione della probabilità di contrarre una certa malattia, ma la possibilità di contrarre altre malattie rimarrà la stessa, diminuirà o aumenterà?

-      La nostra dieta quotidiana potrà rimanere la stessa, oppure dovrà subire delle modificazioni in relazione all’utilizzazione di questo pomodoro, che, oltre all’apporto/sottrazione di quel nutrimento, porta con sé altri effetti nutrizionali?

-      Consapevoli del fatto che non esistono “alimenti buoni o cattivi”, ma solo “regimi alimentari buoni o cattivi”, quando il consumatore potrà utilizzare questo pomodoro per l’alimentazione quotidiana, aumenterà o diminuirà la probabilità di dar luogo ad una dieta equilibrata nell’apporto dei fondamentali nutrienti?

-      In definitiva, mediante l’utilizzazione di questo pomodoro aumenterà o diminuirà la probabilità che il nostro stato di salute si mantenga ad un buon livello o, addirittura, migliori, così come auspicato?
Lo stesso Premio Nobel Dulbecco nel 2002 ci aveva avvertito di questa situazione, ma nessuno ne ha tenuto conto.

lunedì 5 novembre 2012

Anche i derivati da OGM (carne, latte, uova, ecc.) dovrebbero essere etichettati


In California, nonostante per molte settimane i sondaggi avessero dato per vincente la coalizione che voleva rendere obbligatoria l’indicazione in etichetta della presenza di ingredienti OGM, alla fine la Proposition 37 non è passata. Sembra strano, ma è vero! Nel Paese della “Statua della Libertà” i cittadini non sono liberi di mangiare quello che vogliono. Qualcuno vuole negare loro un sacrosanto diritto: “conoscere le caratteristiche qualitative delle uniche cose che essi introducono nel loro corpo, ovvero se il cibo è OGM oppure Non è OGM”. Chiedono troppo? No, non chiedono troppo, in quanto nei Paesi dell’Unione Europea, da sempre il consumatore è libero di acquistare o meno alimenti OGM, lo trova scritto in etichetta (peccato che nei supermercati di cibo OGM non ce ne sia traccia, nessun cibo è marchiato come OGM, sarebbe un metodo efficace per non venderne nemmeno una confezione!).
La cosa strana è che si è arrivati al Referendum pur in presenza di un 90% dei cittadini americani che chiede l’etichettatura dei cibi Ogm, la cui richiesta non è stata minimamente presa in considerazione dal Senato americano (lo scorso giugno il Senato Usa ha rigettato con 73 voti contrari e 26 favorevoli l’emendamento Sanders che chiedeva l’etichettatura dei cibi Ogm).

Nei Paesi dell’Unione Europea, se il cibo contiene più dello 0,9% di OGM deve essere etichettato come “Cibo OGM”.
Qualcuno allora potrebbe dire che nell’Unione Europea gli OGM non vengono utilizzati. Affermazione quanto mai sbagliata, poiché nei Paesi dell’Unione Europea è ammessa l’utilizzazione di mangimi OGM per l’alimentazione animale per l’ottenimento di carne, latte, uova, ecc. senza che venga menzionato in etichetta (non è così per gli allevamenti biologici).
Allora anche nei Paesi dell’Unione Europea c’è un problema di libertà di scelta dei cibi, in quanto se è vero che noi possiamo evitare i cibi OGM, non è vero che possiamo evitare i cibi ottenuti dalla trasformazione zootecnica degli OGM, la gran parte dei cibi che mangiamo.
E tutto questo a vantaggio degli esportatori extracomunitari di mangimi OGM, i quali continuano a produrre e a guadagnare con gli OGM, e a doppio svantaggio dei cittadini dell’Unione Europea, prima come consumatori, poiché viene negata loro la possibilità di scegliere cosa mangiare, poi come produttori, poiché in alcuni Paesi è vietato coltivare OGM, ma non è vietato importare OGM per l’alimentazione zootecnica (questo a sicuro danno dei nostri agricoltori, che devono competere sul mercato con produzioni ritenute identiche e che hanno un prezzo inferiore e, quindi, sono più competitive).

Ecco allora che, in definitiva, la situazione dei cittadini dell’Unione Europea è forse peggiore di quella dei cittadini americani, in quanto essi credono erroneamente di non acquistare OGM, ma in realtà li acquistano indirettamente quando comprano carne, latte, uova, ecc. 

Tutto questo impedisce al consumatore una reale scelta dell’alimento che vuole acquistare. Tutto questo non è libertà.